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- Scritto da Letizia Maria Antonietta
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Nicolò Gatto Ceraolo, nacque a Patti il 18 febbraio 1824 e sua madre Rosaria Ceraolo morì dopo soli dieci giorni. Qualche anno dopo suo padre Salvatore Gatto sposò Carolina Orioles. Il giovane Nicolò frequentò le scuole medie e superiori prima a Catania e poi a Palermo. A diciotto anni si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza all’università di Napoli dove si laureò nel 1846. Rimase lì ancora due anni per completare la sua formazione con lo studio delle scienze sociali e agrarie. Ma nel 1848, quando in sicilia scoppiarono i moti rivoluzionari, si recò a Palermo e con Giuseppe La Masa, partecipò ai moti rivoluzionari e si distinse nella presa del forte di Castellamare. Fu nominato, da Ruggero Settimo, luogotenente nello stato maggiore dell’esercito siciliano e combattè a Milazzo, a Messina e svolse numerose missioni militari. Repressa la rivoluzione, Nicolò Gatto Ceraolo dovette vivere nella clandestinità, per evitare rappresaglie dei Borboni. In seguito ad un’amnistia potè rientrare a Patti.Sposò Concetta Natoli e nacquero quattro figli: Salvatore (1851-1932) Antonino (1852-1944) Arturo (1854-1910) ed Ettore (1857-1857). Ma la famiglia che si era creato non spense il suo spirito combattivo. Fece parte del comitato segreto della rivoluzione e, nonostante svolgesse funzioni di Sindaco e poi di Sindaco effettivo, preparò il convegno segreto di Vigna Grande (settembre 1859) a cui partecipò Francesco Crispi. Quando il 27 maggio Patti insorse contro i Borboni, Nicolò venne eletto Presidente del Comitato di agitazione e per poter meglio organizzare la rivoluzione, lasciò la carica di Sindaco a Giuseppe Natoli Calcagno. All’arrivo di Garibaldi il 18 luglio 1860, prese posto nella carrozza, che la leggenda vuole coperta di fiori, con Don Pietro Zito Greco, altro grande patriota pattese. Seguì Garibaldi nella liberazione del Sud e si coprì di gloria a Milazzo e sul Volturno. Al termine della campagna militare, ritornò a Patti accolto con grandi onori. Fu rieletto Sindaco e rimase in carica per oltre un decennio. La sua opera amministrativa fu eccellente, diede impulso alle attività economiche, industriali, commerciali ed anche all’edilizia. Furono istituiti importanti uffici governativi e nel 1867 furono iniziati i lavori della strada Patti-San Piero Patti e opere di abbellimento del quartiere di accesso della nuova strada. Furono così costruiti nuovi palazzi sulla via che congiunge la fontana di San Leonardo con la chiesa di S. Maria di Gesù. Sempre durante la sua amministrazione nel 1875 fu aperta la villa Comunale. La città fu dotata di un imponente impianto di illuminazione con eleganti lampioni a petrolio; le strade furono fornite di marciapiedi e fu costruita la rete idrica ed impiantate le fontanelle pubbliche. Si Costruirono le fogne (1880) che erano un servizio pubblico molto raro in un centro di provincia. Il 14 luglio 1880 il Sindaco, Nicolò Gatto Ceraolo, che aveva tanto combattuto e rischiato la vita in battaglia, morì per un banale incidente. La città in festa accoglieva, Domenico Sciacca Baratta, deputato al Parlamento Italiano. I cavalli che tiravano la carrozza in cui aveva preso posto il Sindaco, giunta all’incrocio tra via XX settembre e Via Vittorio Emanuele, alle note della banda musicale si imbizzarrirono e la carrozza si capovolse. Il Sindaco sbattè violentemente la testa sul selciato e morì. Sicuramente una fine che lasciò attonita la cittadinanza. A ricordo di un così illustre personaggio rimane un suo mezzo busto, inaugurato il giovedì del Corpus Domini del 1881, nella Villa Comunale. A scoprire il busto fu proprio l’onorevole Sciacca Baratta.
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- Scritto da Maria Antoinietta Letizia
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Nicolò Vincenzo Pisani nacque a Patti il primo agosto 1910, discendeva da una nobile famiglia originaria di Gioiosa Marea. Il suo bisnonno Alessandro Pisani aveva sposato Maria Ceraolo di Patti. Suo nonno Nicolò sposò nel 1872 Angiola Forzano e dalla loro unione nacquero nove figli. I primi quattro morirono in tenera età, gli altri sposarono tutti rampolli e fanciulle di buona famiglia. Così fece anche suo padre Antonino (n.1883- m.1964) che nel 1909 sposò la duchessa Cobella Ruffo, figlia dello storico Vincenzo Ruffo principe della Floresta e di Isabella Alfonsa Karliszki. Da questo matrimonio nacque appunto Nicolò Vincenzo. Il “povero” Nicolò era figlio unico e crebbe con il peso di una famiglia blasonata alle spalle. Fu mandato a studiare a Roma e lì conobbe Anna Caccia. Se ne innamorò , ma Anna non discendeva da nobile famiglia, anzi faceva la domestica nel pensionato per studenti dove viveva Nicolò. Nulla riuscì ad impedire ai due giovani di convolare a nozze, infatti si sposarono in Castel Gandolfo il 20 ottobre 1937. Ma la vita dei due non fu mai facile e insieme dovettero affrontare il disappunto della famiglia e poi anche la morte del loro unico figlio, Antonio, che morì suicida il 7/04/1958 poco più che ventenne. Nicolò, funzionario del Ministero della Pubblica Istruzione, era sempre rimasto legato a Patti e qui trascorreva molti mesi l’anno nella villa di Patti Marina, oggi sede della biblioteca comunale. Uomo di grande cultura e dotato di un animo sensibile, Nicolò e Anna Caccia, nonostante i grandi dolori che come una maledizione portarono sulle spalle per tutta la vita, rimasero sempre uniti perché la loro era una grande storia d’amore e nulla poteva distruggerla. Nicolò morì in Roma il 20/11/1978 e fu sepolto a Patti nella tomba di famiglia accanto a suo figlio. Il 6/11/1982 Anna Caccia consegnò al sindaco di Patti un testamento pubblico nel quale si stabiliva che alla sua morte la Villa Pisani sarebbe diventata di proprietà del Comune per essere adibita a centro culturale e inoltre: … “ Lego al Comune di Patti la somma, e tutta la somma, che, all’apertura della mia successione, trovasi accreditata sul conto corrente[… ] E così dispongo perché sia realizzato il seguente scopo: Costituzione di due borse di studio da intitolare al nome del mio defunto figlio “Antonio Pisani Caccia” da conferire ogni anno, a quei due studenti più meritevoli delle scuole secondarie di Patti. L’importo delle suddette Borse, che non dovrà risultare inferiore a Lire 5.000.000 per ognuno, dovrà essere, proporzionatamente ed adeguatamente, aumentato in relazione all’ammontare delle somme oggetto del legato che si troveranno depositate nel predetto conto corrente.” Alla sua morte avvenuta in Roma il 19/05/1990 la somma depositata sul conto era di Lire 360.772.277, che vengono tutt’oggi utilizzati per le predette Borse di Studio. Anche Anna Caccia riposa nel cimitero di Patti accanto a suo figlio e al suo Nicolò.
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- Scritto da Maria Antoinietta Letizia
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A chi non è capitato di andare all’ospedale di Patti ed entrando di leggere una lapide murata con su scritto il nome di Ignazio Romeo? Sicuramente ben pochi si sono chiesti chi era e cosa lega il suo nome all’ospedale. Bene cercherò di spiegarvelo in poche parole.
La famiglia Romeo è una delle più antiche e delle più nobili di Sicilia, era imparentata per linea diretta con gli Scala (o Scaligeri) di Verona, vivevano a Randazzo già nel 1400 e occupavano cariche importanti tra cui quella di Capitano di Giustizia.
Il Magnifico Don Filippo Scala e la Baronessa Donna Silvia Sessa e Marchesina ebbero cinque figli: la primogenita Rosa sposò il Barone di Allegracore cioè Lorenzo Romeo e Gioeni.
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La vita di Francesco Niosi sembra si svolga parallelamente a quella di Vittorio Scaffidi: entrambi nati nel 1877, dedicarono la vita alla medicina e vissero lontani da Patti, poiché le cose non cambiano mai, anche a quei tempi per esprimere il loro sapere dovettero andare lontano. C’è però una differenza non trascurabile tra i due: mentre Vittorio Scaffidi era in un certo senso “figlio d’arte” perché il nonno era medico fisico, Francesco Niosi era figlio di un murifabbro (muratore) e sicuramente deve aver avuto grandi difficoltà e molta determinazione per intraprendere una
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Achille Fortunato nacque a Patti il 21 settembre 1883 da Gaetano e da Concetta Giardina. Compì gli studi liceali a Cefalù e si laureò in Giurisprudenza a Messina nel 1906. Nel 1908 sposò Maria Rosa Pisani – in famiglia dolcemente chiamata Rosita – da cui ebbe quattro figli: Gaetano, Pietro, Laura e Liliana. Aveva intrapreso il tirocinio prima a Messina e poi a Patti presso il prestigioso studio di Antonino Saggio. Interruppe l’attività forense durante il periodo della guerra del 15-18 quando fu mandato prima alla scuola ufficiali di Modena e poi nella zona di operazioni di Gorizia. Dopo la guerra rientrò a Patti e aprì lo studio legale.