I MULINI DI PATTI
Il Vescovo di Patti, per la concessione di Ruggero, godeva, fino all’abolizione della feudalità, del privilegio del dominio su tutte le acque del territorio di Patti, di conseguenza, non si poteva utilizzare l’acqua dei fiumi, per irrigare gli orti, per far macinare i mulini o per macerare i lini, senza il suo consenso. Ecco un elenco cronologico dei Mulini del Vescovato nel territorio di Patti.
NEL TORRENTE TIMETO
- Nel 1487 vi è la concessione da parte del Vescovo Antonio di Leofante ad Oliviero Caracciolo di tanta quantità di acqua del “fiume grande di Patti”cioè del Timeto. La concessione di questo mulino durò fino al 1600. Era il “Mulino della Rocca”;
- Un secondo mulino esistente nel 1517 era “lo Mulinello”. Nel 1550 risultava concesso in gabella a Cataldo Cappadona. Sequestrato dal demanio nel 1867 fu dato in affitto ad Antonino La Rosa fu Michele e poi venduto a Carmelo Bonsignore nel 1873;
- Infine un terzo mulino sorse nel 1585 nei pressi di quello della Rocca. Ma a causa di liti per l’acqua probabilmente non riuscì mai ad entrare in funzione.
Quello che è certo è che tra il 1821 e il 1824 era in attività, lungo il torrente Timeto, il solo Mulino detto “Mulinello”.
Nel 1855, però, nel volume del catasto, risulta un mulino in contrada “Molino Nuovo” a nome del Barone Crisostomo Sciacca. Potrebbe trattarsi di quel terzo mulino, acquistato e ricostruito dal Barone Crisostomo.
NEL TORRENTE MONTAGNAREALE O PROVVIDENZA
In questo torrente, quasi attaccato alla città, fino al 1839 si contavano sette mulini, tutti di proprietà della Mensa Vescovile, nel territorio di Patti, Sorrentini e Montagnareale.
- Già nel 1454 esisteva il mulino “di Mezzo” detto anche “di Juso” ed era ubicato sotto la diruta chiesa di San Nicolò, nella contrada di “Druta”. Nel 1862 era già diroccato.
- Quello “dell’Olmo” era situato quasi all’incrocio della strada che parte dalla chiesa di San Antonio Abate e che, nei pressi del torrente, si dirige da un lato verso Montagnareale e dall’altro verso il ponte della Provvidenza. Nel 1864 anche questo era già diroccato.
- Il terzo mulino è quello cosiddetto “della Croce” citato in un documento del 1488. Di esso restano ancora le tracce della conduttura soprelevata e il nome della strada “Via Molino Croce”. Il mulino fu abbattuto per far posto a una casa, oggi nei pressi del tribunale.
- In un atto del 1549, compare un quarto mulino col nome di “mulino de Suso” o anche “del Capo”, che probabilmente doveva essere coetaneo a quello “di Mezzo” o “di Juso”. Questo ne spiegherebbe da denominazione. Questo mulino sopravvive perché acquistato dal comune di Montagnareale nel 1985 dagli eredi dell’ultimo proprietario per il prezzo di 27.600.000 lire, fu ristrutturato ed è oggi meta di turisti. (A questo mulino si riferiscono le immagini).
Altri due mulini risultano costruiti nel 1580.
- Uno, il quinto, nelle terre degli orti, accanto alla chiesetta della Provvidenza, distrutto negli anni ’70 per far posto ad una casa, già inattivo nel 1821 e almeno fino agli anni dei sequestri (1866-1870), poi fu rimesso in attività fino ai primi anni del secondo dopoguerra.
- Il sesto era ubicato nella contrada detta “Fontana dello Ramo” e con questo nome viene indicato in un documento del 1581
- Infine, un altro mulino della Mensa Vescovile compare nel 1821 nel territorio di Montagnareale, contrada “mulino Nuovo” , fu diroccato dall’alluvione del 1823 e non fu più ripristinato.
I MULINI DEI PRIVATI
I privati cominciarono a costruire mulini dopo che fu dichiarata la liberalizzazione delle acque, in conseguenza all’abolizione della feudalità , proclamata il 2 giugno 1813. Cinque furono i nuovi mulini costruiti lungo il torrente Montagnareale e di alcuni di essi rimangono ancora le tracce.
- Il primo sorse nella proprietà di don Gaetano Sciacca, intorno al 1843, poco più sopra del mulino dell’Olmo e fu anche la causa della chiusura di quest’ultimo.
- Il secondo sorse nella proprietà Nachera, sotto il mulino dell’Olmo, poi passato per donazione al Conservatorio di Santa Rosa; è ancora in parte esistente la conduttura dell’acqua.
- Il terzo sorse nella contrada di San Nicolò la Mendola, di cui esiste ancora il fabbricato, nella proprietà di don Luigi La Rocca, amministratore dei beni dell’avv. Galvagno, oggi proprietà degli eredi del sig. Tindaro Messina.
- Il quarto sorse poco più avanti della porta San Michele, nell’attuale Via Fiume ed era detto “della Provvidenza”, abbattuto una cinquantina d’anni fa per far posto ad un deposito di marmi.
- Il quinto sorse per iniziativa del sig. Giuseppe Giuttari, in un suo fondo sotto il mulino della Croce.
Le notizie sono tratte da”Viaggio a Patti nel tempo e nello spazio” vol. 1 di Riccardo Magistri.