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Il convento di S. Francesco d’Assisi, fu il primo convento di francescani a Patti, la cui costruzione sarebbe cominciata nel 1222, secondo il Pirri, per opera di S. Antonio di Padova. Ma poiché la permanenza del Santo in Sicilia durò circa un mese, sembra da escutere che in un così breve lasso di tempo e in precarie condizioni di salute abbia potuto spostarsi da Messina, dove a causa di una violenta tempesta fu costretto ad approdare di ritorno dal Marocco. Altri studiosi ritengono che la costruzione del convento sia da collocare tra il 1223 e il 1225 in occasione di un ritorno del Santo in Sicilia, ma tutti sono concordi nel riportare che fu tale l’avversione di alcuni contro i monaci che, partito il frate per Roma, ciò che di giorno si costruiva, di notte veniva distrutto al punto che, rapportata la cosa ad Antonio, questi avrebbe ottenuto da Gregorio IX° la bolla che minacciava la scomunica ai molestatori. Tuttavia il convento rimase sempre piccolo perché circondato da pubbliche strade. Il vescovo Napoli, dopo i lavori di restauro del 1622, fece scolpire sul portone d’ingresso l’iscrizione ancora esistente: SANCTO ANTONIO PATAVINO FUNDATORI (= A S. Antonio di Padova fondatore). In forza della legge sull’occupazione delle case religiose, il convento fu requisito dal governo nel 1862 e vi fu prima sistemato il Ginnasio appena istituito che, salva una breve interruzione nel 1865 per consentire di alloggiarvi la truppa, vi rimase fino al 1866, quando, per la legge sulla soppressione delle corporazioni religiose, l’intero complesso fu devoluto al demanio dello Stato, solo la chiesa rimase aperta al pubblico e furono designate per abitazione del parroco tre piccole stanze attigue. Negli anni successivi il convento fu utilizzato soprattutto per le scuole elementari (fino al 1930), ma anche per Ginnasio, per le Scuole tecniche, per il Liceo, per le Scuole medie, per l’istituto tecnico commerciale e per geometri, per l’Istituto professionale per l’industria e l’artigianato, per alloggio ai militari, per sede della Pretura. Dall’aprile del 1978, a causa dei danni del terremoto, l’edificio è stato abbandonato. L’annessa chiesa, sotto lo stesso titolo di S. Francesco, rimase aperta al culto grazie al rettore mantenuto dal Comune, secondo l’obbligo imposto nell’atto di cessione del 1867. Danneggiata dai bombardamenti del 1943, all’interno è appena visibile ciò che rimane di qualche antico affresco. Attualmente è chiusa al culto.
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Fuori le mura, verso oriente, nel luogo detto di “S. Antonino”, esisteva da tempo antichissimo una chiesetta dedicata a S. Antonio da Padova; ricostruita e ampliata, fu riaperta al culto l’8 maggio 1624. Nella relazione del D’Amico, del 1666, si legge che questo convento è ridotto male e in esso vivono pochissimi religiosi. A causa del terreno franoso e di infiltrazioni d’acqua subì vari restauri, fino al 1825, quando cadde nuovamente in rovina e fu abbandonato; si conservò solo la chiesa, adibita come pubblica sepoltura, ma anche questa nel 1884 fu chiusa al culto perché pericolante. Nel 1887, il cappuccino P. Michele Stancampiano da Montagnareale chiese ed ottenne dal vescovo Giuseppe Maragioglio (cappuccino) il permesso di costruire un nuovo convento annesso a quella chiesetta. Accanto ad essa c’era un locale, utilizzato come deposito, che il proprietario donò per ampliare la nuova fabbrica; per lo stesso scopo fu acquistata una casa attaccata alla sacrestia. L’11 settembre 1890 venne benedetto il nuovo convento. Attualmente le fabbriche sono nuovamente in cattivo stato nonostante i lavori di consolidamento effettuati nel 1991. All’interno della chiesa, statue di S. Biagio, di S. Antonio di Padova, di S. Francesco, del beato Felice, della madonna del Rosario. Sul primo altare di sinistra, c’è un interessante crocifisso ligneo del XVIII secolo. Nella sacrestia, statue di S. Apollonia, S. Calogero e dei santi Cosma e Damiano.
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Lachiesa degli Agonizzanti è situata nella via Sciacca Baratta. Unico esempio di barocco a Patti fu edificata dal Vescovo Martinelli nel 1681, come indica l’iscrizione apposta sulla porta. Vi era anche una Congregazione , la cui principale opera di carità era quella di raccomandare a Dio le anime dei moribondi, esponendo il SS. Sacramento per tre ore per ciascun agonizzante e, dopo la morte, far celebrare sei messe di requie. Nel 1682, venne fusa la campana collocata sul campanile, su cui c’è scritto “S. Maria degli Agonizzanti 1682. Nel novembre del 2001 questa fu collocata sulla chiesa di S Ippolito, delle tre ivi esistenti è quella centrale. Alla fine del 1950, la chiesa fu chiusa per le cattive condizioni dell’edificio. Intorno al 1962 furono trasportati in Cattedrale tutti i quadri. Oggi alcuni di questi sono al Museo Diocesano (compresa una Madonna con bambino di Francesco Nachera) e gli altri nella chiesa di S. Ippolito. La chiesa fu ulteriormente danneggiata dalle alluvioni del dicembre 1972 e gennaio 1973. Bisognò aspettare oltre venti anni per vederla riaperta al culto, infatti dal 1997 al 2002 fu utilizzata per le funzioni in luogo della chiesa parrocchiale chiusa per lavori di restauro.
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La chiesa Cattedrale sorge nel punto più alto della città, fu edificata al tempo dei normanni e più volte ristrutturata, come testimoniano le numerose lapidi poste all’interno, ha subito nei secoli diversi rifacimenti, sia per i terremoti che per gli adattamenti voluti dai vescovi. Con diploma del 6 marzo 1094, il conte Ruggero d’Altavilla eresse a Patti un monastero dell’ordine di San Benedetto col titolo del SS. Salvatore, che unì a quello di Lipari, in modo che le due comunità vivessero sotto lo stesso abate, Ambrogio e sotto la stessa Regola. Sulla sinistra, tra l’edificio della vecchia casa canonica e il fabbricato del Seminario all’angolo nord-ovest, è incorporata la struttura ancora riconoscibile di un’antichissima torre del castello, detta “torre del palombaro”. All’interno della chiesa, in alto,sulla porta maggiore, ci sono alcune pitture, con al centro lo stemma della città, eseguite nel 1935 dal vicentino sac. Luciano Gregori, uscite indenni dal terremoto del 1978.Partendo dalla porta maggiore, sulla sinistra troviamo un dipinto di Madonna con bambino attribuito ad Antonello da Saliba, che operò in Messina tra il 1497 e il 1535; un dipinto del pattese Francesco Nachera, del 1842, raffigurante la Madonna col bambino, S. Bartolomeo e San Benedetto; ; un dipinto raffigurante l’adorazione dei pastori, del 1725 circa, forse attribuibile al pittore fiammingo Guglielmo Borremans, un crocifisso ligneo del 1700 inserito in un ricchissimo reliquario; una statua in marmo di Madonna col bambino, opera di Antonio Vanella del 1504; la tomba fatta costruire per se dal vescovo Bartolomeo Sebastian, poi trasferito in