A chi non è capitato di andare all’ospedale di Patti ed entrando di leggere una lapide murata con su scritto il nome di Ignazio Romeo? Sicuramente ben pochi si sono chiesti chi era e cosa lega il suo nome all’ospedale. Bene cercherò di spiegarvelo in poche parole.
La famiglia Romeo è una delle più antiche e delle più nobili di Sicilia, era imparentata per linea diretta con gli Scala (o Scaligeri) di Verona, vivevano a Randazzo già nel 1400 e occupavano cariche importanti tra cui quella di Capitano di Giustizia.
Il Magnifico Don Filippo Scala e la Baronessa Donna Silvia Sessa e Marchesina ebbero cinque figli: la primogenita Rosa sposò il Barone di Allegracore cioè Lorenzo Romeo e Gioeni.
Da questo matrimonio nacque Francesco Romeo che sposò Anna Campis e da questa coppia nacque Ignazio Romeo (nonno del barone Romeo). Dopo questa breve genealogia veniamo a tempi più “recenti” che dal 1820 in poi possiamo verificare con gli atti dell’Archivio Storico Comunale.
Nonno Ignazio sposò in prime nozze Soccorsa Romeo Guarini e in seconde nozze Concetta Scala Romeo(quasi certamente cugina del nonno), dal primo matrimonio nacquero tre figli. Francesco Paolo Romeo (nato 1799?) sposò per procura Antonia Giardina Calcagno nel 1828. Gli sposi vissero i primi anni a Randazzo, infatti i figli Ignazio nel 1830 e Maria Rosa nel 1831 nacquero lì, i successivi, Salvadore (1835), Luigi (1837), Giuseppe (1841), Gaetano (1843) e Maria Laura (1849) risultano nati a Patti. Perciò quando Ignazio Romeo venne a Patti aveva cinque o sei anni. Adolescente si trasferì a Catania dove studiò al “Collegio Mario Cutelli” che era un istituto di educazione “per uomini nobili”. A Catania, Ignazio Romeo, si laureò in giurisprudenza e durante la sua carriera arrivò alla carica di Presidente di sezione del tribunale di quella città, prima di dedicarsi alla libera professione. All’età di cinquantotto anni il barone Ignazio sposò la baronessa Emilia Anzà di Barcellona. Divise il suo domicilio tra Patti, Montagnareale, Barcellona e Messina. A Patti si presume abitasse nella via Provinciale (oggi via Garibaldi) dove acquistò altre due case, una affittata come caserma dei Reali Carabinieri e la seconda lasciata poi per l’ospedale. Ignazio Romeo ed Emilia Anzà non ebbero figli, nella casa di Messina, il 12 maggio 1903, il barone fece il suo testamento che mette in luce la figura di un uomo molto religioso, modesto e generoso nella distribuzione del suo ingente patrimonio. Mi sembra doveroso trascrivere alcuni punti del suo testamento tratti da “L’ospedale di Patti” di Riccardo Magistri, eccoli:
“6. Lego all’ospedale di Patti la nuda proprietà della mia casa ivi sita …..Il presente legato è fatto a condizione sine qua non che dovrà essere abbandonato il locale (molto infelice) dell’attuale ospedale per impiantarsi, invece, nella detta mia casa assumendo il mio nome. Se l’Autorità cui spetta non vorrà accettare siffatta condizione e non la farà eseguire in un anno dalla mia morte, dico meglio dalla morte di mia sorella Lauretta Romeo in Accordino, cui lascio l’usufrutto di essa casa, in tal caso ipso iure ipsoque facto, l’ospedale, senza bisogno di dichiarazione del magistrato, decadrà dal superiore legato”.
(…)
“ 16. Voglio che il mio cadavere, senza pompa alcuna né carrozza, fiori o altro, sia seppellito nel camposanto di Barcellona Pozzo di Gotto, perché spero che accanto al mio sarà seppellito il cadavere della mia diletta moglie.”
“ 17. Nel giorno dei miei funerali proibisco qualunque apparato in chiesa. Desidero, invece, che si celebrino messe in suffragio dell’anima mia e si facciano elemosine ai poverelli.”
Tre mesi dopo il 16 agosto 1903, all’età di 73 anni, morì nella casa di Barcellona e lì fu sepolto. Sua moglie Emilia Anzà , morì il 28 dicembre 1908 a Messina, a causa del disastroso terremoto e venne sepolta accanto al marito. Purtroppo tra le macerie delle casa non fu rinvenuto nessun ritratto del barone. I beni furono divisi tra i nipoti, in proporzione alle quote di eredità. Grazie al generoso barone Romeo, alla morte di Maria Laura la proprietà della casa di Via Garibaldi, in dipendenza del legato contenuto nel testamento fu devoluta all’ospedale Civico.
La congregazione di carità, a causa delle pessime condizioni del Vecchio ospedale di S. Michele decideva di chiuderlo anche se il nuovo non era ancora in funzione. Cominciarono così in gran fretta i lavori di adattamento del palazzo di Via Garibaldi che divenne funzionante il 3 luglio 1926.
Da allora l’ospedale civico assunse la nuova denominazione di “Ospedale civile barone Ignazio Romeo”