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Forse si parla spesso di Patti e poco della storia della sua Marina. Eppure essa è stata il cuore pulsante dell’economia del paese. A Marina oltre alla scontata presenza dei pescatori, esistevano due importanti mulini a vapore che macinavano il grano proveniente da altre regioni e specialmente dalla puglia e due pastifici, una filanda a vapore che produceva seta. Ben tredici “stazzuni” lavoravano l’argilla e incrementavano la produzione di pentole dando lavoro a un migliaio di lavoratori… si esportava in tutti i paesi del mediterraneo e, in particolare in Libia in Egitto. Le prime fabbriche erano nella valle “dei Cosentini” l’attuale piano di San Nicolò, ma poi per comodità si trasferirono alla Marina perché era più comodo produrre nello stesso luogo dove si imbarcavano le ceramiche. Un vecchio detto dice“Ava ‘essiri di Patti la pignata per fare la minestra sapurita” Purtroppo è bastata una sola generazione a cancellare il ricordo di attività durate secoli. Ma i “marinoti testa i crita” mantengono ancora oggi orgogliosamente la loro identità. Chi nasce marinoto ci rimane a vita…
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Discendente da un ramo della stirpe di Aleramo, figlia di Manfredo dei marchesi di Monferrato, la giovane Adelasia andò sposa nel 1089 al conte Ruggero d’Altavilla. Dal matrimonio, nacquero due figli: Simone (1093) e Ruggero (22 dicembre 1095). Quando nel 1101 il conte Ruggero morì, Adelasia assunse la reggenza della contea di Sicilia e Calabria per l’erede Simone e in seguito alla sua morte prematura, avvenuta nel 1103, per Ruggero II anch’egli minorenne. Donna d’ingegno, Adelasia era costantemente vissuta a fianco del marito ed aveva notato con quanta saggezza egli avesse amministrato i suoi domini; seguendo avvedutamente le stesse direttive politiche e circondandosi di consiglieri abili e fidati cercò di istaurare una pacifica convivenza tra le varie stirpi, religioni e costumi esistenti nello stato.
La reggenza di Adelasia ebbe fine nel 1112, alla maggiore età di Ruggero, che ella aveva educato alla corte di Palermo, affidandolo a dotti greci, latini ed arabi. Ruggero non smentì le aspettative della madre e fu sovrano dotto e sapiente.
Alla fine del 1112, in seconde nozze sposò Baldovino I di Fiandra, re di Gerusalemme ottenne così il titolo di regina. Questo matrimonio non dispiacque al figlio Ruggero che sperava di ereditare il trono di Baldovino. Infatti, Adelasia aveva posto la sola condizione che, se dal matrimonio non fossero nati figli, la corona del regno di Gerusalemme doveva essere ereditata dal conte di Sicilia. Partì “scortata da nove legni da guerra siciliani” portando con sé grandi tesori. Baldovino aveva bisogno di denaro per le continue lotte che doveva sostenere e per questo aveva deciso di sposare Adelasia, di cui erano note le ricchezze. Dopo due anni, la regina venne a conoscenza che Baldovino era già sposato con un’armena, di nome Arda, che egli aveva ripudiata e fatta chiudere in convento al solo scopo di intrappolare la contessa. Ma il re si ammalò gravemente e, in punto di morte, fece voto che, se fosse guarito, avrebbe richiamato a se la prima moglie e ripudiato la seconda, illegittima.
Delusa e affranta dal dolore, Adelasia abbandonò Gerusalemme e ritornò in Sicilia (1115). Per l’affronto subito non volle ritornare alla corte di Palermo, si dice che la contessa, colpita da lebbra , si bagnò alla fonte dell’Acqua Santa, dove S. Febronia fu battezzata da S. Agatone e fosse per miracolo guarita, forse per questo motivo stabilì la sua residenza a Patti, dove visse nel castello, accanto al monastero fondato dal suo defunto sposo.
Il 26 aprile 1118 Adelasia, confortata dall’affetto dei pattesi, moriva, lasciando un dolce e buon ricordo di sé. Fu seppellita nel monastero dell’abazia dove fu costruita una cappella che, per molti anni, ospitò le sue spoglie, ma dell’antica tomba non si hanno notizie. L’attuale, fu ricostruita definitivamente nel 1557 e sistemata all’interno della cappella di S. Febronia protettrice di Patti.
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Proseguendo il nostro tour di Patti nella storia, si arriva in via XX settembre. Dopo la chiesa di S.Giuseppe sulla sinistra c’era il “bar Frannina”, mentre sulla destra, affacciandosi alla ringhiera, c’è la piazzetta Greco, realizzata nel 1916. Proseguendo, un po’ più avanti si arriva ad una curva che prende il nome dall’ex rivenditore di tabacchi don Nicolò Lillo…forse i più giovani non lo sanno, ma molti continuano a chiamare quel pezzo di strada “a cubba di don Lillu”. Qui c’è la chiesa di S. Maria dei Greci, detta anche della Candelora, probabilmente risale al 1484/1494, la particolarità di questa chiesa sta nel fatto che fu demolita nel 1858 per costruire l’attuale via Vittorio Emanuele e riedifica nella medesima forma nel punto in cui la vediamo oggi. Nel 1902 fu restaurata, all’interno ci dovrebbero essere ancora una statua in marmo della Madonna della Consolazione, del sec. XVI, un quadro di S. Giacomo e uno della Madonna dell’Idria e un altare in legno del sec. XIX…sarebbe bello poterla rivedere aperta…
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Molti di voi non hanno mai visto questo luogo perciò voglio mostrarvelo e raccontarvi la sua storia…Durante i lavori del 1980, sotto il sagrato antistante la porta maggiore della cattedrale, è venuto alla luce un ampio locale che potrebbe essere stato la sede della guarnigione che difendeva il castello. Nel 1996 furono iniziati i lavori di ripristino dell’interno per consentire l’accesso ai visitatori. Dopo una sospensione durata alcuni anni, la galleria è stata finalmente inaugurata nel 2009. Il locale è stato pavimentato in pietra arenaria e fornito di infissi. All’interno sono esposti alcuni pannelli didattici che ricordano i diversi momenti della struttura dell’antico castello e vi sono depositati oggetti vari: capitelli, parti di colonne e altri antichi reperti recuperati durante i lavori di restauro della chiesa; campane, statue e altri reperti provenienti dalle chiese di S. Nicolò e di S. Ippolito. E’ veramente un luogo molto bello che merita una visita!
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La piazza Umberto I, dove dal 1958 sorge il palazzo delle poste, fu per molto tempo posteggio della corriera di linea Patti-Stazione, della ditta di Donato Sarri (don Totò) e accanto alla corriera, c’era il rifornimento di benzina della Shell, il primo istallato a Patti, gestito da Santo Trimboli. Azionando una leva avanti e indietro, fuoriusciva la benzina dalla pompa. Vi era addetto pure Stefano Irato ( u capiciànu, perché originario del Capo Milazzo), dai grandi baffi all’insù. Don Stefano gestiva, a pochi passi dalla pompa, una bottega di vino dove, a richiesta, si poteva anche mangiare, seduti ai tavoli di ferro ricoperti di marmo. Nella seconda foto i lavori per la costruzione della rete elettrica che risalgono al 1925 e come si può notare il benzinaio era già lì anche se le macchine erano poche e il traffico era per lo più affidato alla trazione animale.
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