La vastità dell’impero finanziario di Michele Sindona si rivelò appieno soltanto quando esso crollò. La rovina dell’uomo che alcuni giornali avevano definito “il finanziere italiano di maggior successo e anche il più temuto” e altri “uno dei più geniali uomini d’affari del mondo” suscitò una violenta bufera che scosse le fondamenta della finanza internazionale. Così Sindona divenne “l’imbroglione siciliano che per poco non faceva fallire anche la chiesa”.Ma vediamo di analizzare chi era Sindona partendo dal paese che gli aveva dato i natali: Patti: Nacque l’8 maggio del 1920 e gli furono dati i nomi dei due nonni, Michele Sindona ed Eugenio Castelnuovo infatti il suo nome completo è: Michele Eugenio Ais e fu
battezzato nella chiesa di San Nicola. La famiglia Sindona era molto rispetta, nonno Michele commerciava, con una certa fortuna, in articoli vari, ma soprattutto in ferramenta. Assieme a nonna Nunziata avevano superato il disastroso terremoto che nel 1908 devastò la Sicilia e avevano ricostruito insieme ciò che era andato distrutto. Gli affari prosperavano finchè un giorno nel 1914 nonno Michele morì all’improvviso. Antonino, unico figlio dei coniugi Sindona erede delle sostanze paterne, restò solo con la madre. Ma subito dopo dovette partire per la guerra. Aveva diciannove anni e quando ritornò nel 1918, l’azienda di famiglia era fallita per via di speculazioni sbagliate e di chi aveva approfittato dell’ingenuità di Nunziata e le aveva tolto tutte le ricchezze che il marito le aveva lasciato. Nel 1919 Antonino si sposò, sua moglie Maria Castelnuovo, era una bella ragazza bruna, ma aveva una salute cagionevole e otto anni più di lui. Dopo la nascita dei due figli, Michele Eugenio ed Enio, la sua salute peggiorò e i bambini dovettero essere affidati a nonna Nunziata che li allevò. Anche Antonino venne ingannato da falsi amici che gestivano piccole bische, ma nel 1922 smise definitivamente di giocare, divenne un fiorista specializzato nella confezione di corone mortuarie e di decorazioni tombali. Intanto i ragazzi crescevano, Michele studiò al liceo classico di Patti, sotto la guida del professor Sardo Infirri imparò il latino e si appassionò alla filosofia. Per tutta la vita, nel trionfo e nel crollo, Sindona lesse e rilesse i filosofi verso i quali il professore lo aveva orientato. Senza smettere i suoi studi, all’età di quattordici anni cominciò a lavorare come dattilografo e aiuto contabile nello studio di un suo cugino avvocato. Là nel modesto studio di provincia capì quale sarebbe stata la sua futura attività. Era molto bravo negli studi e nel 1938 vinse una borsa di studi all’Università di Messina. Lavorò per due anni presso l’ufficio delle imposte, mentre frequentava regolarmente l’università e alla sera dava lezioni private anche di filosofia e di fisica. Nella primavera del 1942 ormai avvocato tornò a Patti e si fece in breve tempo una discreta clientela. Nel 1943 mentre esercitava la professione cominciò anche a commerciare. Con un vecchio camion militare portava agrumi nella Sicilia centrale li rivendeva con un buon margine di guadagno e tornava con un carico di ceci, grano, lenticchie che rivendeva qui. I suoi andirivieni continuarono per quasi un anno, poi nel 1944 superò un esame per esercitare l’avvocatura in tutta Italia e in quello stesso anno nel Santuario del Tindari sposò Caterina Cilio. Si trasferirono a Messina dove la sua posizione professionale si consolidò sempre più. Il 29 marzo 1945 nacque la primogenita Maria Elisa, poi nell’agosto del 1946, Michele lasciò la moglie e la figlia in Sicilia per andare a Milano. Lì cominciò a pubblicare articoli per “Il commercio Lombardo” e divenne consulente legale di molte associazioni che ad esso facevano capo. Sei mesi dopo, chiamò presso di sé i familiari: madre, nonna, fratello, oltre che sua moglie e la sua bambina. Nel marzo del 1948, nacque il primo figlio maschio, che venne chiamato Nino. Il padre Antonino, era rimasto in Sicilia, dove era impiegato presso il Consorzio Agrario Provinciale. Quando nel 1949 Michele rilevò la Farmaeuropa, un’industria farmaceutica chiamò suo padre a dirigerla. Cominciò così la sua scalata al successo, ad alcune società che si servivano della sua consulenza chiedeva di essere pagato in azioni invece che in denaro, ma unicamente da quelle società che non erano in floride condizioni ma delle quali intuiva le possibilità latenti. Nel 1950 comperò la Fasco A.G. una piccola società azionaria del Liechtenstein che sarebbe diventata la società finanziaria che avrebbe controllato il suo vasto impero. All’età di trent’anni Michele Sindona era già miliardario. Tra il 1947 e il 1950 con Raul Baisi comperò delle terre alle porte di Milano e sul litorale adriatico a est di Ferrara. Il terreno alle porte di Milano costava cento lire al metro quadrato, ne spesero altre duecento per le opere i urbanizzazione. Rivendettero il terreno a tremila lire al metro. La terra presso Ferrara era paludosa. Mentre aspettavano gli sviluppi futuri, i due guadagnarono vendendo le anguille che abbondavano negli acquitrini di quelle terre. Durante gli anni cinquanta la ricchezza e il potere di Sindona aumentarono con il fiorire dell’economia italiana.Nel 1952 sua moglie diede alla luce Marco il suo terzo figlio. Anche lui come i fratelli non avrebbe mai conosciuto il dialetto dell’isola dalla quale traevano origine il sangue e il potere di suo padre. Il fratello minore di Michele, Enio, era diventato uno storico d’arte e godeva a Milano di una certa notorietà. Nel 1952 Michele comperò una società editrice, l’Istituto Editoriale Italiano e mise il fratello alla direzione della collana artistica “I libri d’Arte”.Nel 1957 suo padre morì improvvisamente, allora rivendette la Farmaeuropa e poco dopo comprò le Acciaierie Vanzetti che fu uno degli affari più redditizi della sua carriera iniziale. Conobbe anche molto bene Giovanni Battista Montini, il futuro Papa Paolo VI, quando era arcivescovo di Milano e lo aiutò nella costruzione di un casa di riposo per gli anziani e lo assistette nel finanziamento e nella costruzione dello stabile. Nonostante la loro diversità Sindona e il cardinale Montini erano uniti dallo stesso interesse per i classici e la filosofia. Lo IOR, Istituto per le Opere di Religione, è la banca del Vaticano, ma non fu attraverso il Cardinale di Milano, che Sindona conobbe Massimo Spada che ne era l’amministratore delegato, ma tramite Monsignor Amleto Tondini il cui fratello minore aveva sposato una sua cugina. Così Sindona poco alla volta creò un impero; aveva amicizie influenti nella politica italiana e nella finanza vaticana, ma anche appoggi negli Stati Uniti. Nel maggio del 1974 comincia la crisi: prima con le difficoltà della Franklyn Bank di New York da lui controllata, poi a settembre, con la chiusura degli sportelli della Banca Privata Italiana e in ottobre Sindona è colpito da un mandato di cattura per falso contabile e fugge negli Stati Uniti. Nel settembre del 1976 viene arrestato a New York, ma subito scarcerato dopo il pagamento di una cauzione di mezzo miliardo di lire. Secondo alcune indiscrezioni esisteva un tabulato con cinquecento nomi (che non si conosceranno mai) di persone che attraverso una sua banca, avevano esportato all’estero 37 milioni di dollari. Nel luglio del 1979, l’avvocato Giorgio Ambrosoli, nominato nel 1974 liquidatore della Banca Privata viene ucciso a Milano da William Aricò, un killer, che, arrestato, confesserà di essere stato assoldato dal finanziere. Sindona viene condannato negli USA il 13 giugno 1980 a 25 anni di reclusione e 207 mila dollari di multa per il crac della Franklyn Bank con l’accusa di: associazione per delinquere, frode, falsa testimonianza, uso fraudolento dei mezzi di comunicazione federali. Nel 1984 l’Italia ne chiede l’estradizione per giudicarlo per l’omicidio Ambrosoli e la ottiene nonostante il tentativo di evitarla da parte di Licio Gelli ed altri influenti membri della Loggia Massonica P2. Il 18 marzo 1986 è condannato all’ergastolo come mandante dell’assassinio di Giorgio Ambrosoli. Dopo soli due giorni il 20 marzo 1986 Sindona dopo aver bevuto un caffè al cianuro viene ricoverato nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Voghera in stato di coma, alle ore 14,12 di quello stesso giorno morì. Dopo sette mesi di indagini il giudice istruttore Di Donno dichiarò il “ non doversi procedere all’azione penale in relazione al decesso di Michele Sindona essendosi trattato di suicidio” La conclusione cui si è giunti è quella di “Un suicidio tramite la simulazione di un omicidio”. Così morì Michele Sindona. La sua morte a distanza di ventitre anni lascia ancora molti dubbi e tanti misteri irrisolti. Quali nomi “illustri” conteneva il famoso tabulato? Si è trattato di suicidio o lo hanno assassinato perché poteva fare rivelazioni che avrebbero danneggiato figure di rilievo della politica e dell’economia mondiale? Certo è che la sua morte ha fatto dormire sonni tranquilli a molte persone.