Gaetano Caleca nacque a Patti il primo agosto 1869 da Francesco Caleca e Cusimano Nunziata. La sua era una famiglia benestante infatti come si legge nell’atto di morte di uno dei capostipiti , Antonino, deceduto nel 1848 la sua “professione” era “benestante”. In seguito negli atti successivi la professione dei Caleca diviene “pentolaio”, erano infatti gli anni in cui la produzione delle famose
“pignate” a Patti vedeva impegnate molte famiglie come gli Ajello e i Manfrè, ma le altre con minor fortuna. Infatti la ceramica Caleca è l’unica che è sopravvissuta fino a nostri giorni. Il cavaliere Gaetano Caleca aveva studiato a Bronte, a Capizzi e a Gibilmanna presso i Padri Cappuccini e si era formato a quei principi religiosi che avrebbero improntato tutta la sua vita. Don Gaetano riuscì ad aumentare ed a perfezionare la produzione delle sue ceramiche, ne eseguiva le varie fasi, dall’estrazione dell’argilla, al trasporto del prodotto finito visto che era anche proprietario di un veliero col quale effettuava l’esportazione delle sue stoviglie. Si dedicò con passione anche al pastificio, che era già ben avviato dal padre e dallo zio canonico che glielo aveva lasciato in eredità. La produzione del pastificio “Maria Santissima del Tindari” si affermò su altri esistenti nella zona per qualità e abbondanza nella produzione. Il 6 aprile 1896 egli sposò Maria Anna Adelaide Sciacca, figlia dell’ex sindaco di Patti, Giaovambattista Sciacca e Natoli Concetta. Dopo il matrimonio “u cavaleri” e “a cavalera” come solevano chiamare Donna Mariannina, regalarono alla chiesa l’organo tuttora esistente e funzionante. I coniugi Caleca sempre presenti alle funzioni religiose partecipavano generosamente alle spese in occasione di festività religiose e contribuirono anche alla costruzione del ponte sul torrente Provvidenza e all’illuminazione elettrica del paese. Nel 1897 nacque il primogenito, che chiamarono Francesco come il nonno, egli, ufficiale di cavalleria, morì a soli 18 anni in un incidente aereo. Il secondogenito, Giuseppe a cui fu dato il nome dello zio canonico, nacque nel 1898, studiò economia e commercio per poi tornare a Patti a dare aiuto al padre nella conduzione delle imprese. L’unica femmina , Nunzia Maria Concetta, sposò l’avvocato Di Napoli, ma morì prematuramente nel 1931, la sua dote a seguito di una rinuncia da parte del vedovo unita alla quota dell’asse patrimoniale fu sufficiente a costruire l’asilo delle Suore Salesiane a Patti Marina. L’ultimo nato dai coniugi Caleca, fu Umberto Carmelo nel 1902. Umberto nel 1928 era a Roma per laurearsi, ma fu costretto a rientrare a causa di una malattia del padre per dare una mano nell’industria che nel frattempo si era estesa al pesce salato e all’esportazione di frutta secca e di pomodori in cassetta. Insomma l’attività industriale del Cavaliere si incrementava di giorno in giorno, mentre gli altri fallivano o chiudevano lui acquistava stabili, terreni, giardini e rilevava attività. Nel 1930 donò le principali aziende ai figli, ma di fatto era sempre lui che manteneva le redini. Nel febbraio del 1948 rimase vedovo e anche lui portava ormai il peso degli anni. Certo accanto alla figura del “cavalere” generoso c’era sicuramente chi in lui vedeva un padrone che imponeva un lavoro estenuante che cominciava prima che facesse giorno e terminava quando era già buio. Purtroppo le condizioni di lavoro erano quelle un po’ ovunque, si lavorava tanto e si guadagnava solo lo stretto necessario per sopravvivere. Gaetano Caelca morì il 20 maggio 1954 a causa di un attacco di diabete. Sia chi vede in lui un dispotico “padrone” sia chi la lo considera un “benefattore” non si può non essere d’accordo nel dire che u’cavalere e la sua famiglia hanno fatto la storia delle ceramiche e dell’imprenditoria pattese.