Nella frazione di Sorrentini, da tempo immemorabile si festeggia San Teodoro, la seconda domenica di agosto. Qui si usa far ballare la statua del santo, collocata sulla vara, prima nella chiesa madre (dopo la messa solenne) e poi per le strade del paese mentre si fa la raccolta delle offerte, casa per casa, fino a tarda sera; questa fase è “laica”, mancano infatti i segni distintivi della processione religiosa. Niente croce, sacerdote e anche i fedeli seguono il santo non in processione, ma in ordine sparso ballando insieme ai portatori. Si dice che il ballo si faccia per ricordare il martirio del santo. Infatti San Teodoro era un soldato romano sotto l’imperatore Massimiliano, fu condannato al rogo per aver dato a fuoco al tempio della dea Cibele, intorno all’anno 303: legato a un palo, mentre le fiamme consumavano il suo corpo, egli cantava allegramente lodando il Signore. Anche la processione con le “Pannuse” del venerdi e del sabato antecedenti alla domenica di festa rievocano la morte del santo. I fedeli portano le reliquie in processione tra due file di fuoco, poi arrivati davanti al sagrato della chiesa le pongono al centro per formare un falò intorno al quale si balla accompagnati dalle note della banda musicale. La particolarità di questa festa, in passato, stava nel fatto che al Santo la tradizione riconosceva il potere di liberare le persone possedute dal demonio, chiamati “spiritati”. Fino a qualche decennio addietro, gli “spiritati” arrivavano anche da paesi lontani della Sicilia e della Calabria, quasi sempre condotti da familiari e parenti alla presenza del Santo, e, qui giunti, incominciavano a scuotersi, agitarsi, gridare, a strapparsi le vesti di dosso, sputando al Santo, bestemmiando o pronunciando parole incomprensibili. Erano poi costretti, da chi li accompagnava, a seguire la processione per tutta la durata e se venivano liberati dal demonio gli si toglievano i vestiti, che venivano bruciati, coprendoli con una coperta.