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La piazza del Municipio (a chiazza), oggi piazza Scaffidi, fu il primo insediamento urbano al di fuori del castello. Fino al 1544 la vita cittadina si svolgeva in questa piazza pubblica detta di S. Ippolito, dove vi erano tutti gli uffici della città e dei notai. Al piano terra del palazzo comunale fino al 1974 esisteva il “Circolo Tindari”, luogo di riunione riservato ai nobili, e perciò detto anche “Circolo dei nobili”. Non è certa la data di fondazione ma si sa che di esso fecero parte anche dei carbonari e che se ne parla in documenti delle autorità di polizia sin dal 1835. L’edificio col tempo subì vari rifacimenti che portarono all’ ampliamento e all’innalzamento delle volte delle sue stanze( Delib. Cons.Com 1888). Nel 1928 fu istallato l’impianto elettrico e nel 1931 l’impianto della rete telefonica. Davanti alla sede del Circolo, fino al 1860 si alzava il palco della musica per la festa di S. Febronia. Accanto al circolo c’era l’ufficio postale e, subito dopo, una camera di sicurezza (posto di polizia). La gradinata esterna della chiesa (ora rientrata all’interno) era luogo di riunione dei “signori” e poiché il paese si limitava allora a questi quartieri alti (da cui il nome “quartieri nobili”), quasi tutti erano costretti a passare davanti a quella gradinata. Il vescovo Giuseppe Saitta (1833-1838) chiamò quell’angusto passaggio “stretto dei Dardanelli”.
(GALLERIA)
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Un’escursione a Sorrentini, un tempo comune autonomo (1662) poi aggregato a Patti (1858), regala dal Belvedere una visione panoramica ampia, aerea, stupenda; vi è una fontana con un bel mascherone “eloquente” sormontato da uno stemma “silenzioso” ma da leggere perché è una pagina staccata dal libro di storia di questo antico centro abitato. Si tratta dello stemma dei Denti di Piraino. Lucio Denti e Lucchese, duca di Piraino, sposò in prime nozze ( 17 dic. 1767) Rosalia Bonanno e Massa di Agesilao duca di Castellana, che morì a Piraino sette anni dopo, in data 1 sett. 1774. Rimasto vedovo, sposò in seconde nozze Tommasa Paratore e Quiras di Ludovico principe di Patti, la quale gli portò in dote il feudo di Sorrentini dove i coniugi vollero realizzare questa fontana chiaramente databile dopo il 1774. Il duca Lucio morì in circostanze misteriose a Marsiglia nel 1788. La moglie gli sopravvisse parecchi anni ancora e morì a Palermo il 31 ago. 1800. Fu sepolta ivi ai Cappuccini. Al palazzo che nel XVIII sec. fu pure dei Denti di Piraino, ora tutto è in rovina; ma sino a una cinquantina di anni or sono, era leggibile la data 1552, e l’arciprete Gaetano Oriti riferisce: “La casa più antica di Sorrentini porta la data del 1552”. Niente altro. Sorrentini ora ci appare come una casalinga attempata e modesta, la quale siede composta e dignitosa; riservata, muta, gelosa sotto l’ampio scialle avvolge la sua storia.
Tratto da: “Memorie di pietra per le vie di Patti” di Nino Falcone e Ennio Mellina ed. Pungitopo
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- Scritto da Maria Antonietta Letizia
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Dagli atti di nascita del Comune di Patti dal 1820 al 1900 sono stati selezionati alcuni dei nomi più fantasiosi che venivano dati ai proietti cioè ai figli rifiutati alla nascita, o perché nati da una relazione illegittima o perché i genitori non potevano mantenerli. Prima di questo elenco molto particolare c’è da fare una piccola premessa che spieghi cosa era la ruota e quale futuro attendeva i bambini che riuscivano a sopravvivere visto che in quel periodo vi era un alto tasso di mortalità infantile . La “ruota” era un meccanismo abbastanza semplice. All’interno di un cilindro di legno cavo, il neonato era posto avvolto in coperte o stracci. Il cilindro di legno era fissato, come una finestra, dentro un muro e ruotava con un perno in modo da poter portare il neonato dall’altra parte del muro. L’operazione d’abbandono dentro la “ruota” era preceduta dal suono di una campanella La persona preposta a quel servizio, che si trovava aldilà del muro, udendo la campanella, si recava a ricevere il bambino e non vedeva chi dall’altra parte lo aveva lasciato. Dai documenti di Patti, sappiamo che la Ruota era situata in un muro dell'ospedale (allora "Ospedale di Santa Croce", che sorgeva accanto al convento di S. Francesco, oggi Via Rossini, demolito nel 1974 per farne una palestra scolastica); che era sempre esposta col suo campanello e bene assistita specialmente la notte. Nel 1771, fu abolita l'usanza di bollare nella carne i proietti e fu stabilito di mettere loro una funicella al collo, fermata nelle sue estremità col piombo nel quale fosse bene impresso il suggello dell’Università, in maniera che non si potesse togliere dal collo del proietto. Nel 1809, c'erano a Patti sessantuno balie, a ciascuna delle quali era assegnato un salario annuo di onze 4.3 (davvero minimo) per allattare i bambini, vestirli e allevarli. Nel 1812 fu disposto di aumentare il mensile alle nutrici e di eliminare la Ruota dagli ospedali e ubicarla in altro luogo, in modo che i bambini potessero respirare aria aperta e salubre ma, per le difficoltà finanziarie del Comune, a Patti la disposizione non si attuò. Il 17 ottobre 1838 entrò in vigore anche in Sicilia la legge 12 dicembre 1816 sull'Amministrazione civile e fu necessario provvedere all'uniformità dei Regolamenti amministrativi. Anche in questo ramo furono emanate nuove disposizioni, fra le quali: l'obbligo per la Ricevitrice dei proietti di portare senza ritardo il bambino davanti all'ufficiale di stato civile per far compilare l'atto di nascita e poi dal parroco per battezzarlo; spettava al Sindaco procurare la nutrice, alla quale doveva consegnare il bambino dopo avergli applicato un segnale di piombo numerato, come già accennato, con l'indicazione del Comune; dopo lo svezzamento, la donna lo avrebbe nutrito fino all'età di anni sette se femmina e cinque se maschio, dopodiché vi avrebbe provveduto il Consiglio generale degli Ospizi per collocarlo nell'Ospizio di beneficenza. Il Regolamento dettava, poi, le norme da osservare nel caso di malattia o morte del bambino e le spese per il sostentamento. L’Ufficiale di stato civile che compilava l’atto di nascita sceglieva dunque il nome per il proietto e con quanta fantasia! Ecco alcuni esempi completi di anno di nascita :
DA VINCI Leonardo 1879
ALGERI Liberata 1865
DA RIMINI Francesca 1873
APRILE Pasquale 1854
DEI Medici Lorenzo 1874
BAMBINO Natale 1868
DEL Campo Rosa 1831
BELFIORE Giacinto 1899
DICEMBRE Natale 1863
BELGIORNO Natale 1868
DUMA’ Alessandro 1877
BENINCASA Custodia 1855
DOLCE Epifania 1840
BOLENA Anna 1846
ELETTORALE Vittoria 1882
BORGIA Lucrezia 1877
FIERAMOSCA Ettore 1843
BOSCHETTO Angelico 1869
FINE Silvestro 1864
BRANCO Liberato 1869
FURIOSO Orlando 1880
CACCIATORE Diana 1865
GIOVEDI’ Santo 1857
CALAMARO Delfina 1852
GOLA Biagio 1880
CANDIDA Rosa 1872
LUNA Mercurio 1857
CAPRA Benedetta 1829
GIARDINELLI Clementina 1875
COCLITE Orazio 1888
MANZONI Alessandro 1876
COLOMBO Cristofalo 1857
MAGNO Alessandro 1857
CONTENTEZZA Natale 1865
MAZZINI Giuseppe 1878
METASTASIO Pietro 1881
SANTO Antonino 1858
NEVE Abbondanzia 1854
SECCA Palma 1864
NOVEMBRE Santi 1879
SETTIMO Enrico 1874
PACE Pasqua 1881
SOLITARIA Ninfa 1856
PALMA Domenico 1838
SORRENTINI Teodoro 1849
QUINTO Carlo 1865
SPIRITO Santo 1825
REGOLO Attilio 1877
STRADA Fortunata 1879
RITROVATA Custodia 1860
ZUCCA Rosa 1868
SABATO Santo 1850
ALCAMPO Vittoria 1858
Il sistema della Ruota, che si prestava a gravi inconvenienti sociali, fu sostituito nel 1923 da una diversa normativa per l'ammissione dei bambini illegittimi nei brefotrofi provinciali. Nel 1927, il compito dell'assistenza agli infanti fu assegnato non solo alla provincia, ai comuni, alle opere pie e ai lasciti, ma anche ad un apposito ente parastatale, che fu l'Opera Nazionale Maternità e Infanzia (O.N.M.I.), ente definitivamente soppresso nel 1975.
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L’11 marzo 1817 fu pubblicata in Napoli la Legge che stabiliva la costruzione dei camposanti fuori dell’abitato in tutti i Camuni continentali del regno entro il termine di tre anni. La relativa spesa era a carico dei Comuni. La stessa legge stabiliva che dal giorno di apertura del camposanto era vietato “generalmente e senza veruna eccezione, di seppellire i cadaveri umani in qualsiasi altro luogo, dentro o fuori l’abitato…” I Comuni, però, soprattutto per motivi economici, continuavano a ritardarne la costruzione. Nel 1831, il Governo chiese la nota di tutte le cappelle gentilizie esistenti nei Comuni del Vallo. Il decurionato di Patti, con deliberazione del 17 marzo 1839, destinò per camposanto “un pezzo di terreno davanti la chiesa del convento dei Padri Cappuccini…” Nel bilancio del successivo anno, il decurionato inserì la voce con relativa spesa “ Fondo per la costruzione del camposanto, giusta gli ordini dati, ducati 300”. Succedeva intanto, che, in applicazione della legge, le Autorità civili facevano chiudere le sepolture nelle chiese senza aver provveduto alla costruzione del camposanto. Finalmente, nel 1842, il Comune di Patti presentò il suo progetto al Ministero dell’Interno, che l’approvò. Tutto però, restò sulla carta e nel 1844 il Comune dichiarava che la costruzione non era possibile per le ristrettezze economiche. Nel 1854, allo scopo di seppellire i morti di colera, una parte del terreno adiacente il convento fu ceduta al Comune per uso di Camposanto e a questo fine venne eretto anche un fabbricato per la conservazione delle casse mortuarie (carnala). Costituitosi il regno d’Italia e sollecitato dal nuovo governo, il Consiglio, su proposta del Sindaco, il 15.5.1864 deliberò scegliersi come locale adatto per il Cimitero, la selva del convento dei PP. Cappuccini, autorizzando la giunta a far redigere opportuna relazione da un perito. Due anni dopo fu promulgata la legge 7.7.1866 sulla soppressione delle Corporazioni religiose e tutto il complesso fu prima incamerato dallo Stato e, con successivo atto del 10.12.1867, ceduto al Comune. Per la chiesa venne stabilito il semplice rapporto d’uso con l’obbligo dell’ufficiatura. Tuttavia, ancora per alcuni anni si continuò ad usare, come luogo di sepoltura, la piccola cappella costruita nel 1854. Nel 1870, viste le crescenti richieste e considerato che occorrevano i fondi per ripararla, il Comune stabilì di applicare delle tariffe; quelli i cui parenti non potevano pagare dovevano inumarsi nelle fosse. Il 29.9.1870 una commissione scelta dal Prefetto si portò sul posto per definire la pratica del cimitero e, pur riconoscendo che il luogo era adatto per la parte igienica, per la distanza dal centro abitato e per l’estensione del terreno, constatò che i caratteri geologici del terreno non corrispondevano a quelli voluti dalla legge, perché il terreno era argilloso, difficile a scavarsi e facilmente umido. Ma poiché tutto il suolo che circonda Patti è argilloso, si pensò di modificare il terreno mescolandovi una quantità di arena dal vicino torrente. Il 16 agosto 1877 venne approvato il Regolamento del servizio mortuario del cimitero. Per costruire il nuovo muro di recinzione, si rese necessario abbattere trentacinque cipressi; nel 1893 fu sistemata la strada di accesso al cimitero; nel 1895 si stabilì di dare in appalto il servizio di trasporti mortuari; a partire dal 1897 si deliberò di appaltare la fornitura delle casse mortuarie “di legno leggero” per i poveri che, contro il regolamento, si usava ancora seppellire nella nuda terra; nel 1930 si costruì la sala per le autopsie; nel 1953 fu installato l’impianto elettrico permanente. Il fabbricato del convento non venne, invece, mai utilizzato dal Comune e nel 1932 fu abbattuto per ampliare il camposanto. La chiesa, mantenuta aperta al culto fino al 1908 per cura di due frati che non abbandonarono la città, fu poi diroccata per fabbricarvi cappelle private. L’altare maggiore di questa chiesa corrispondeva al luogo dove ora sorge la cappella del sig. Antonino Cavallaro Mollica. I cappuccini avevano, nel cimitero, una cappella usata come sepolcreto per i frati. Poiché nel cimitero del centro non esisteva una chiesa in cui poter celebrare i riti religiosi, nel 1950 il Comune propose al Padre Provinciale dei Cappuccini di adibire come chiesa quel sepolcreto”riservando al seppellimento dei frati il locale centrale di sinistra dove attualmente si trova l’altare” e l’accordo fu fatto “restando inteso che la proprietà di tutto l’edificio resta sempre dell’Ordine monastico dei Cappuccini…e che le mansioni di cappellano del cimitero vengano esercitate sempre dal P. Guardiano pro tempore del convento di Patti.
Tratto da: Viaggio a Patti nel tempo e nello spazio II Percorsi cittadini di Riccardo Magistri e da: Il centro storico di Patti di Riccardo Magistri